Perché l’iter che ha portato alla costruzione del nuovo ponte di Genova non può diventare la normalità in Italia?
Senz’altro la tragedia che ha colpito in primis le vittime, poi i loro familiari, gli sfollati e infine l’intero Paese non dovrà ripetersi mai più. Ma da questa terribile storia, cosa possiamo imparare?
Il 14 agosto del 2018 il ponte Morandi collassò, portandosi via la vita di 43 persone. Il 4 agosto 2020 il nuovo Viadotto Genova San Giorgio è stato inaugurato. Un’opera ciclopica terminata in meno di due anni.
Si era mai vista una cosa del genere in Italia? No.
Si è parlato di “Modello Genova”, con parole chiave come collaborazione, trasparenza, lavoro di squadra, sicurezza. Centinaia di persone impegnate 24 mesi 7 giorni su 7, 24 ore su 24.
Dal commissario alla magistratura, dai progettisti ai mass media, dalle imprese ai lavoratori, tutti hanno dato esempio della vera Italia. Certamente, gli appalti pubblici non sono tutti così importanti e così controllati come è stata questa impresa. Ma ogni piccolo paesello, ogni città, ogni territorio hanno talenti e persone oneste da vendere.
Renzo Piano aveva detto: “Si è parlato di un miracolo, ma io non credo che sia il termine giusto: semplicemente il Paese ha saputo mostrare il suo lato buono”.
Ecco, allora, che da “Modello Genova” dovremmo passare a un “Modello Italia”. È possibile? Credo di sì. E la differenza possono farla: 1) leggi e burocrazia più efficienti 2) persone adatte al proprio ruolo 3) società civile che spinga unita per il massimo bene delle cose.
Solo così si renderà sempre omaggio alle 43 vittime e alle migliaia di altre tragedie. E si darà coraggio alle attuali e future generazioni.
Cosa ne pensi di un simile “Modello Italia”?
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