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Capitali stranieri a caccia del Made in Italy: quali pro e quali contro?

Immagine del redattore: Nicola SpadaforaNicola Spadafora

Il Made in Italy è il sogno di tantissimi consumatori di ogni parte del mondo, ma anche dei capitali stranieri. Che negli ultimi 10 anni hanno allargato la loro quota nelle imprese italiane del 32,2%. Dieci anni fa era ferma al 28,5%. Questi dati emergono dall'Area Studi di Mediobanca che ha appena pubblicato i dati relativi al periodo 2013-2023.


Tra gli aspetti positivi c'è che le società a controllo straniero garantiscono salari mediamente più alti del 20%. Ma ciò non significa che l'Italia deve diventare un Paese fatto - e quindi in qualche modo controllato imprenditorialmente - di capitali stranieri.


Detto questo, visto che il "Made in Italy" è così ricercato, significa che anche i nostri giovani possono cercare gloria in patria. Possiamo e dobbiamo apprendere le arti e i mestieri che ci tramandiamo da secoli, continuare a farlo, sviluppare business e promuovere cultura. Abbiamo nel nostro DNA conoscenze, sapere, tenacia: non disperdiamoli, altrimenti rischiamo di diventare stranieri in casa nostra, che è diventata nel frattempo di altri.


In tutto ciò è fondamentale l'azione del Governo e delle Istituzioni, che pur in un quadro di equilibri internazionali molto delicati, deve fare sempre il massimo per garantire in primis 1) minore tassazione, 2) taglio del cuneo fiscale e 3) meno burocrazia alle imprese italiane e quindi a tutti i lavoratori.

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