“No!” … “Cerco il posto fisso” … “Quanto si guadagna?” … “Me ne vado all’estero, lì premiano il merito” … “Troppo sbatti” …
Sono alcune delle risposte, purtroppo impietose, almeno per chi fa impresa, ricevute da giovani studenti dell’ultimo anno di scuola superiore dinanzi alla semplice domanda: “vorresti fare l’imprenditore?”.
Ancor più angosciante, sempre per chi fa impresa, riscontrare un pressoché generale disinteresse dei medesimi studenti verso un futuro da titolare di azienda dinanzi alla ulteriore preliminare domanda: “cosa vorresti fare da grande?”.
Se tra i ragazzi in età ancora scolastica i risultati non premiano il mondo dell’impresa, l’andamento non è certo positivo neppure tra i giovani “under 35”. Infatti, negli ultimi dieci anni le attività condotte o comunque gestite in prevalenza da giovani sono calate di oltre il 20%, con Lombardia e Lazio in testa a questa non invidiabile classifica.
Perché?
DIFFICOLTÀ OGGETTIVE
Vediamo alcune possibili ragioni generali di questa preoccupante curva discendente:
1) nella sempre maggiore difficoltà a fare impresa (gravata da un peso burocratico, amministrativo, fiscale e del costo del lavoro in continua crescita);
2) nella discontinuità culturale (i figli, sempre più spesso, non appaiono interessati a seguire le orme dei genitori), con la conseguente assenza del necessario ricambio generazionale (e la correlata tendenza all’aumento del tasso di mortalità aziendale);
3) nel calo progressivo della natalità (in atto nel nostro Paese oramai da decenni), che ha compresso sensibilmente la base dei potenziali giovani imprenditori.
COSA DEVONO FARE LE ISTITUZIONI...
Occorre una forte spinta politica in favore dell’impresa privata, anche attraverso l’adozione di un programma di sensibile incentivazione verso l’imprenditorialità giovanile.
Bisogna investire sui giovani, dare loro lo spazio e le opportunità che meritano. Spingerli a mettersi in gioco, per non disperderne valore, capacità ed inclinazioni, in troppi casi a beneficio di altri Paesi, oggi considerati maggiormente attrattivi (in quanto considerati più inclini a premiare il merito, ad offrire ritorni economici migliori, un regime fiscale meno oppressivo e adempimenti burocratici meno gravosi).
... E COSA I GIOVANI!
Pur con tutte le responsabilità e le mancanze del Sistema, i giovani devono trasformare questi limiti in risorse. In che senso? Come abbiamo detto, è vero che l'Italia non è il migliore tra gli esempi internazionali nel favorire l’impresa. Ma proprio per questo - pur allo stesso tempo auspicando e lavorando ogni giorno per un suo miglioramento - ai giovani diciamo: formatevi, imparate le difficoltà italiane, “fate palestra” e poi conquisterete il mondo. Con un po’ di fortuna ma, soprattutto, di tanta buona volontà.
IN CONCRETO
Tornando ai temi per una ottimizzazione del Sistema Italia rivolto ai giovani, il programma di promozione dovrebbe porsi l’obiettivo di favorire la continuità dell’impresa giovanile, evitandone, soprattutto, lo scioglimento entro i primi anni di vita (ad oggi, la buona parte non supera, infatti, il biennio di attività) oltre alla sua maggiore strutturazione (ad oggi, la gran parte sono imprese individuali o, comunque, con un numero di addetti inferiore alle cinque unità).
Si potrebbe, dunque, dare avvio ad una nuova politica industriale che contempli una maggiore flessibilità fiscale e del lavoro in favore delle start up giovanili attraverso il temporaneo accesso, da un lato, a maggiori agevolazioni fiscali, entro certe soglie di fatturato, e, dall’altro lato, a sgravi contributivi sui dipendenti, a prescindere dal requisito anagrafico (ad oggi previsti solo per alcune fasce di lavoratori), così da favorire anche la managerializzazione dell’impresa, anche attraverso l’utilizzo di contratti semplificati.
Il tutto da adottare attraverso la necessaria concertazione tra politica e parti sociali.
Per il bene dei giovani e, soprattutto, dell’Italia.
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